La quindicesima puntata di "Veniam da San Lorenzo per scrivere la storia”, la nuova rubrica di storia sull'Atletico e dintorni. In questo episodio il racconto della stagione della retrocessione del calcio maschile nelle parole di uno dei protagonisti.
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Che importa se, è arrivata la retrocessione.
di Matteo "Swarovski" Casavecchia
Quando mi è stata avanzata la proposta di raccontare un pezzo della “storia” dell’Atletico San Lorenzo che stiamo scrivendo tutti insieme non ho avuto alcun dubbio: stagione 2017/2018, la retrocessione!
Pur facendo parte della compagine popolare fin dalla sua fondazione nell’estate del 2013 (qui il racconto degli inizi), e continuando ancora oggi a dare la mia modesta mano nella crescita della polisportiva, mi sembrava proprio quella l’annata che più rappresenta la mia traiettoria sportiva nell’Atletico… ed anche quella in cui, paradossalmente, ho giocato di più!
La squadra che nell’estate del 2017 si raduna agli ordini di Mister Marfurt (qui un’intervista a Fernando) al Campo Vittiglio è orfana di molti dei pilastri importanti di quel “dream team” che l’anno prima aveva tentato l’assalto al cielo (qui il racconto di quella fantastica stagione). Senza girarci troppo intorno, per ragioni diverse tra loro, manca interamente l’asse portante della squadra che aveva raggiunto la storica promozione. Per di più, per la prima volta, l’Atletico San Lorenzo si trova a fare i conti con l’incubo di tutte le società dilettantistiche del mondo: la famosa “regola degli under”. A maggior ragione per un progetto popolare come il nostro, in cui il settore giovanile all’epoca arrivava a malapena agli esordienti, questo significava un’affannosa ricerca di ragazzi che potessero nel contempo essere tecnicamente validi e aderenti ai valori della polisportiva. Cosa non facile, soprattutto se non si ha quasi alcun contatto (fortunatamente) con il “fantastico” mondo del “calcio mercato” dilettantistico. Fatto sta che arrivarono una miriade di meteore, molte delle quali non durarono nemmeno l’arco di una mezza stagione, ma se non altro la cosa ebbe il merito di far inserire in rosa alcuni giovani che da allora sono entrati in pianta stabile nel nostro progetto e che ancora oggi difendono i colori rossoblù: tra questi Giacomo Caricati, Luca Biondi e Luca Casaburi.
Gli umori in preparazione sono altalenanti. Qualcuno crede nella possibilità di continuare a sognare. Qualcuno (più saggio) è preoccupato anche solo di non riuscire a mantenere quella categoria conquistata con sudore e fatica dai giocatori, e con cori e chilometri macinati dai tifosi. Quando escono i gironi la corrente dei preoccupati si fa decisamente più numerosa. L’urna ci regala due nobili decadute del calcio laziale: il Tivoli e il Palestrina. Entrambe fondate nel 1919. Entrambe con una storia, un blasone e delle possibilità economiche che stridono con la categoria che andranno ad affrontare.
Giusto per la cronaca: le due squadre faranno quell’anno un campionato a se, chiudendo prima e seconda con un enorme distacco su tutte le altre, bisseranno il successo anche nella stagione successiva in Promozione e oggi, a distanza di un anno e mezzo, al momento della sospensione dei campionati occupano entrambe la terza posizione nei due rispettivi gironi di Eccellenza, in piena corsa per la Serie D.
Comunque, la storia condannerà il partito dei sognatori, di cui senza pentimento confesso di essere stato fondatore e fervente sostenitore, già dalle primissime partite di campionato che io, in ossequio al soprannome che porto e ad una tradizione ormai consolidata, vivo dagli spalti. Il fatto che ci sarà da soffrire appare chiaro sin da subito. Malgrado qualche buona prestazione, come per esempio nella sfida in casa del Tirreno, dove passiamo in vantaggio con un bel gol di Giacomino e finalmente torno in campo riuscendo anche a segnare il gol del momentaneo 2-1, nelle prime otto partite raccogliamo altrettante sconfitte. Zero punti. Ultimi in classifica.
Il primo punto lo portiamo via in trasferta con l’Albula alla nona giornata, gol di Becci di testa su un campo immenso dove i palloni quando andavano in fallo laterale non tornavano più. La partita successiva perdiamo in casa con il fortissimo Tivoli davanti a un pubblico di categoria superiore che inscena una coreografia da brividi.
(la curva atletica nella sfida in casa con il blasonato Tivoli)
Bisognerà aspettare invece l’undicesima per poter finalmente gioire. Il campo è quello della Spes 1908, storica compagine di Montesacro. Freddo e pioggia. Tutto questo, insieme ai risultati disastrosi, non favorisce la presenza di pubblico sugli spalti. Non mancano però un manipolo di fedelissimi in rossoblù composto soprattutto da ragazze del calcio a 5 femminile. Hanno con loro una “pezza” che non avevamo mai esposto prima. Una risposta chiara a chi la settimana prima allo Stadio Olimpico di Roma aveva impedito ai tifosi della Spal di far entrare il bandierone col volto di Federico Aldrovandi. Anche i nostri sostenitori aderiscono all’iniziativa lanciata per il fine settimana successivo denominata “Federico Ovunque” ed espongono uno stendardo con il suo volto. E così quel giorno ci sarà anche Aldro a soffrire con noi in una partita infinita.
Io gioco addirittura 90 minuti (credo non mi fosse mai capitato prima con l’Atletico) in una gara che è una vera e proprio sofferenza. Riusciamo a passare in vantaggio con un bel gol di Luchetto Biondi in mischia. Il tempo non passa mai, ma alla fine – non so bene neanche come – la partita finisce. Ci hanno assediato per tutti i 90 minuti. Ma abbiamo vinto! Colgo l’occasione per ringraziare gli Atarassia Grop per aver scritto la colonna sonora perfetta per quella giornata. Se ripenso a quel giorno nella mia testa parte in automatico “Sciarpe Tese”.
“Ti ricordi la tua vecchia sciarpa?
Quanto caldo teneva!
Il primo coro imparato a memoria,
La prima attesa vittoria.
[…]
Ti ricordi che freddo faceva?
E noi con le torce accese!
Ti ricordi che pioggia scendeva?
E noi con le sciarpe tese!”
Quel giorno la squadra inizia a crederci e non senza difficoltà racimola punti qua e là nelle partite seguenti. Dopo una sconfitta interna ad opera del Palestrina espugniamo il campo del Futbol Montesacro. Segna ancora il difensore centrale Mauro Becci e portiamo a casa un insperato 0-1. Appare ormai evidente che la squadra farà fatica a salvarsi, ma anche che se avessimo giocato tutte le partite a Montesacro saremmo stati la squadra da battere!
Quest’alternanza tra alti e bassi durerà sostanzialmente per un intero girone, con belle prestazioni e qualche entusiasmante vittoria come il 3-1 a domicilio sul Dinamo Roma, l'1-0 sul Tirreno in casa con un fantastico gol di Giordanino dai 30 metri e il 3-2 in casa nello scontro diretto con il Real Tuscolano, e cadute senza appello come il 6-1 dal Torre Angela, il 5-1 dal Valle Martella e l’8-0 rimediato dal Tivoli al ritorno. Partita, quest’ultima, giocata nel bellissimo impianto dello Stadio “Olindo Galli” dove la nostra tifoseria si presenta numerosa e colorata e, malgrado le posizioni in classifica opposte delle due squadre e l’andamento disastroso in campo, tiene testa con ardore alla blasonata tifoseria locale. Finisce con una lunga scritta “Il calcio è del popolo – 25 aprile tutto l’anno” vergata sulle gradinate dello stadio tiburtino.
Il giorno della Festa della Liberazione giochiamo in casa contro la Spes 1908, diretta concorrente per la salvezza, che ci restituisce con gli interessi il colpo dell’andata, battendoci al Vittiglio con un bruttissimo 1-5, che probabilmente è la peggiore prestazione del campionato. Fino alla gara di ritorno con il Palestrina. Quella partita credo vada segnalata per due aspetti. Il primo è l’esperimento di Alberto Caci prima punta (di cui mi intesto completamente la paternità!) che all’esordio in questo inedito ruolo marcherà ben due gol in casa della prima in classifica (qui un’intervista ad Albertone che ripercorre la sua carriera). Il secondo è la presenza dei nostri tifosi sugli spalti.
Se sei penultimo in classifica a quattro giornate dal termine e ti appresti a giocare fuori casa contro la prima della classe (costretta a vincere perché inseguita a due distanze dalla seconda) pensi che sia lecito che il 29 aprile i tifosi decidano di fare altro, anziché venire a Palestrina alle 11:00 di un’assolata domenica mattina. Ricordo ancora adesso lo stupore nel vedere quel settore colorarsi lentamente di rossoblù. Loro sono primi e proiettati verso l’ascesa in Promozione. Noi abbiamo già un piede in Seconda Categoria. Eppure sugli spalti ci sono solo i nostri tifosi!
(i tifosi dell'Atletico a Palestrina)
Quel giorno, pur perdendo, abbiamo giurato a noi stessi che avremmo fatto di tutto per salvarci. Per quelle persone che potevano stare al mare e invece erano lì a vederci perdere. Eppure perdiamo anche la domenica successiva. Anche il Futbol Montesacro ci restituisce il “favore” e ci batte 0-2 in casa.
Ora ne mancano solo due alla fine: la trasferta a Settecamini contro il Pro 7 ultimo in classifica e già retrocesso e la partita in casa contro un Certosa ormai salvo e senza più niente da chiedere al campionato. Avremmo dovuto fare 4 punti in due partite per accedere ai play-out salvezza. Ma neanche stavolta riusciamo a portare a casa i risultati utili all’obiettivo.
Nelle due partite di andate e ritorno con la squadra di Settecamini, che chiuderà l’intera stagione con soli 3 punti in classifica, siamo riusciti a portare a casa solo due pareggi, regalandogli ben 2 dei 3 punti che raccoglieranno in tutto il campionato. Perché? Non lo so. So per certo però che quella che ho appena affidato a queste righe è la delusione più cocente della mia carriera calcistica (che di delusioni è piena). Restano dei flashback di quelle due partite che ancora non riesco a cancellare.
La corsa dopo il mio gol proprio contro il Pro 7 per il momentaneo 2-1 per noi che ci permetteva di continuare a sperare. La rabbia della panchina col Certosa per diffida (nella speranza poi vana di poter giocare gli spareggi). L’ingresso in campo nel secondo tempo. L’espulsione di Alberto con il tributo dei tifosi per il suo millantato “addio al calcio” (solo Vasco Rossi ha annunciato il ritiro dalla scena più volte di Albertone). Quella fascetta che mi ha tirato prima di uscire dal campo. La mia domanda “La do a Lollo?” e la sua risposta “Mettitela te!” che suonava come un “Non rompere il cazzo” (e aveva anche ragione!). Però io, in cinque anni, quella fascia da capitano non l’avevo mai indossata. E manco m’era mai passato in testa. Ed ora stavo per farlo nel momento più buio della storia dell’Atletico San Lorenzo.
E poi ricordo ancora una nuvola di fumogeni rossoblù. Un cross tanto brutto quanto disperato di sinistro dentro l’area. E un difensore del Certosa che la spinge nella sua porta che manco Masiello ai tempi di Bari. Proprio quando stavo per cedere alle lacrime, si è alzato lento e prepotente dalla nostra curva quel coro che per mesi mi ha dato la forza di andare avanti:
“Che importa seeeee…
E’ arrivata la retro-ce-ssione!
Che vuoi che sia
In ogni categoria,
Dai San Lorenzo,
Io non vivo senza teeeee!”
Poi il triplice fischio. Finiva così la prima e unica stagione dell’Atletico San Lorenzo in Prima Categoria.
Ed io finalmente potevo piangere.
(continua, vai alla sedicesima puntata o scorri le immagini)
Qualche immagine della stagione 2017/2018 dell'Atletico
(inizio della preparazione al Vittiglio, Mister Marfurt da il benvenuto ad un gruppo "numeroso")
(foto di gruppo alla prima partita in casa)
(prima trasferta, le ragazze rossoblù ovunque presenti cantano oltre il 90°)
(bandiere rossoblù al vento in una partita casalinga)
(quinta di campionato, gol di Alberto sotto le note di "tatatatataà" e la curva impazzisce)
(festeggiamenti dopo il primo punticino ad Albula)
(mercoledì precedente la sfida col Tivoli: le ragazze atletiche preparano la coreografia mentre la squadra si cimenta con le "barriere" home-made)
(foto di gruppo con le barriere 1312)
(coreografia ad inizio gara contro il Tivoli in casa)
(sempre contro il Tivoli si canta l'inno sventolando le barriere...)
(Aldro Vive)
(il primo coro imparato a memoria, la prima attesa vittoria...)
(la grinta di Capitan Bob)
(la seconda vittoria in campionato in casa del Futbol Montesacro)
(celebrando un'altra vittoria sul campo della Dinamo Roma)
(Swarovski per il popolo curdo)
(pranzo pre-partita al Cinema Palazzo, Giordanino prepara il sinistro)
(1-0 sul Tirreno, esplode la curva atletica!)
(tifosi attaccati alla rete festeggiando la vittoria)
(il caloroso tifo atletico in trasferta sul campo del blasonato Tivoli)
(vergando poesia sulle gradinate dello Stadio "Olindo Galli")
(il calcio è del popolo, 25 aprile tutto l'anno)
(Atletico vs Spes 1908, nonostante la sconfitta la curva rossoblù intona "Bella Ciao")
(Atletico San Lorenzo vs Certosa, braccia al cielo per l'Atletico San Lorenzo)
(il saluto della curva rossoblù per capitan Alberto Caci)
(che importa se è arrivata la retro-ce-ssione... qui l'album fotografico di quella giornata)
(continua, vai alla sedicesima puntata)